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Viaggio nell'interiorità

di Marco Tomasini

Il quadro di piccole dimensioni non fa per Annamaria Targher. A mala pena la grande superficie pittorica con i suoi bordi riesce a trattenere tutta la sua impulsività. C'è bisogno di spazio quandi si mettono su tela i sentimenti, le emozioni, le interiorità: anche le più contrastanti. Sarà che Annamaria ha tanto da dire attraverso il gesto e il colore. I suoi quadri sembrano quasi testimoniare, anzi documentare, tutto quel gomitolo di energie emotive che covano nel so animo. Cosa ne esce fuori? Che la realtà è sfaccettata. Troppi imput, troppe verità convergono verso di noi che spesso nopn riusciamo a gestire, facendoci sopraffare da esse. Ogni mostra della trentacinquenne Targher è un viaggio burrascoso nell'interiorità e l'ultima sua esposizione al Grand Hotel Trento curata da Hansjörg Gruber e inaugurata sabato scorso, non a caso titola “Grand Tour”. Quindici tele che costituiscono il sunto di ciò che l'artista folgaretana ha prodotto negli ultimi tre anni. Le opere meno recenti, disposte sulle pareti del bar del Grand Hotel, si gustano maggiormente da un punto di vista medio – lontano. Gorghi tumultuosi si alternano ad andamenti lineari: inquietudini cromatiche dettate da una volontà descrittiva mai sintetica, ma più volentieri analitica. Se ci avviciniamo notiamo che questa irruenza di colori è portatrice di raffinatezze estetiche. Compaiono elementi tangibili come il collage e la sabbia con la volontà di avvicinare il messaggio intimista di Targher alla realtà. La bidimensionalità dei suoi astrattismi informali strizza l'occhio al mondo reale perché è attraverso gli imput di quest'ultimo che sono stati concepiti, con successiva metabolizzazione dell'artista. Quindi un tentativo di scendere di scendere a patti con la cruda realtà: un avvicinamento che troviamo ancora più consistente nei nuovi lavori posti lungo il corridoio della hall dell'albergo. Compaiono i tessuti, anche svolazzanti in un desiderio di tattilità che apre decisamente a un nuovo capitolo del percorso artistico di Targher. Spunta anche un accenno di figura umana, appena abbozzata, fulcro solido e precario posto nel bel mezzo di una tempesta elettrostatica. Annamaria Targher entra nella realtà dalla porta di servizio, guardando con occhio emotivo e documentando con forti gestualità tutta la precarietà del nostro mondo tangibile.

 

Marco Tomasini
L'Adige
, 09 dicembre 2009

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